Dannati Incipit

Io ho un problema coi finali.
Come lettore tendo a dimenticarmi quelli dei libri che ho letto, mentre da scrittore faccio sempre un gran lavoro per creare finali che siano all’altezza delle aspettative e non scadano nella banalità.
Bene, scrivi un articoli sugli incipit e cominci parlando di finali? mi sembra tu abbia le idee piuttosto confuse…
Il fatto è che, trovandomi in difficoltà con i finali, ho sviluppato una passione osssessiva per l’estetica degli incipit, tanto da spingermi a raccogliere qui quelli che, a mio parere, sono fra i migliori.

Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.
William Gibson, Neuromante (1984).
Qui c’è tutto: la resa realistica del colore del cielo, l’immagine della megalopoli, il contrasto tra la realtà umana (il porto) e una natura devastata (il colore artificiale del cielo), l’idea di decadenza (il canale morto).
Cayce Pollard si risveglia a Camden Town, a cinque ore di jet lag da New York, braccata dai lupi di un ritmo circadiano interrotto.
William Gibson, L’Accademia dei Sogni (2003).
Si nota che Gibson è uno dei miei autori preferiti?
Anche questo è un incipit perfetto, il presente ti butta dentro al jet lag di Cayce, ti fa sentire esattamente come ti sentiresti dopo un volo intercontinentale in cui non sei riuscito a dormire.
Nei giorni di cielo coperto Robert Neville non era mai sicuro del tramonto del sole e capitava che loro uscissero in strada prima del suo rientro.
Richard Matheson, Io Sono Leggenda (1954).
Chi sono loro? Perché escono al tramonto? E come mai Robert è così preoccupato di rientrare prima che lo facciano? Una frase carica di suspence e domande irrisolte, che prende il lettore per la gola e lo costringe ad andare avanti per scoprire cosa succederà.
Qualcuno doveva aver calunniato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una bella mattina lo arrestarono.
Franz Kafka, Il Processo (1925).
Una frase apparentemente banale che però nasconde elementi disturbanti: chi ha calunniato Josef K.? e cosa può aver detto di così terribile da farlo arrestare? ma, soprattutto, come può essere una bella mattina?
Eravamo dalle parti di Barstow al limite del deserto quando le droghe cominciarono a fare effetto.
Hunter S. Thomson, Paura e Disgusto a Las Vegas (1971)
Una sola frase che raccoglie tutta l’essenza del libro e fa da preludio a tutto ciò che accadrà dopo.

Jack Torrance pensò: Piccolo Stronzo intrigante.
Stephen King, Shining (1977).
Qui purtroppo siamo tutti viziati dall’omonimo film di Kubrick perché nel leggere la frase immaginiamo Jack Nicholson che pensa a quelle tre parole: piccolo — stronzo — intrigante.
E sappiamo già che niente potrà finire bene.
Ecco dove dovresti essere, a un grande ricevimento di nozze in una enorme villa di West Hills, composizioni floreali e funghi farciti sparsi per tutta la casa. Questa si chiama ambientazione di scena: dove ci sono tutti, chi è vivo, chi è morto.
Chuck Palhaniuk, Invisible Monsters (1999).
L’autore non racconta di sé, né di altre persone che ti farà conoscere in seguito; l’autore sta parlando proprio a te, ti afferra per la collottola e ti porta dentro il libro, in un posto dove, al contrario di quello che dice lui, non vorresti essere.
Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.
Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine (1967).
Qui siamo sul classico. Anche chi non ha letto il libro conosce l’incipit, il tempo curvo, Macondo e bla bla bla. Da parte mia, trovo che questo inizio, nel rimandare a piani temporali diversi, nell’accostare un momento cruento come l’esecuzione con la scoperta di qualcosa così banale ma al tempo stesso esotico in un paese tropicale come il ghiaccio, sia pura poesia.
BONUS (segnalato da Ilaria Pasqua):
Il giorno del mio ventesimo compleanno mi sono comprata un’ascia.
È stato il più bel regalo che avessi avuto da dieci anni a quella parte.
Aimee Bender, Un segno invisibile e mio (2011)
Non commento perché non ho letto il libro, ma, cavolo, una tizia con un’ascia! Wow!
Questi sono alcuni degli incipit che reputo memorabili, se non siete d’accordo, o se ne volete segnalare altri, lasciatemi un commento, sarà molto gradito!
Se vi interessa sapere qualcosa di più su quello che ho scritto, visitate www.diegotonini.com